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La pressione alta non è propriamente una malattia, nel senso che la gente comune attribuisce a questo termine. L'ipertensione non è infatti una condizione dovuta ad un agente esterno che causa una perturbazione dello stato di salute temporaneo e reversibile, come ad esempio la polmonite o l'influenza. L'ipertensione (così come l'obesità, il diabete dell'adulto, l'ipercolesterolemia) è una condizione che espone il soggetto interessato ad un aumentato rischio di avere negli anni successivi problemi cardiovascolari (infarto, ictus, ecc.). Sono stati fatti studi di popolazione che hanno evidenziato che chi ha valori di pressione del sangue oltre un certo livello (140 di massima o 90 di minima) è più esposto a quei rischi.
L'assunzione di farmaci che abbassano la pressione riduce tale rischio. Quei farmaci non guariscono dunque la 'malattia' (come nel caso degli antibiotici per la polmonite), ma piuttosto prevengono gli effetti nocivi di questa condizione. Durante la terapia i livelli 'normalizzati' di pressione non significano 'guarigione', ma piuttosto indicano un buon effetto della terapia. I farmaci per l'ipertensione vanno dunque presi per sempre, perché il loro effetto favorevole scompare con la sospensione del trattamento.
Vi sono tuttavia delle condizioni, che si definiscono con il termine di ipertensione secondaria, in cui la pressione alta è un effetto legato ad una malattia specifica, o di tipo ormonale o di tipo renale. In queste condizioni l'ipertensione può teoricamente essere guarita con la guarigione della malattia principale. Attenzione però: queste sono condizioni molto rare, che vanno prese in considerazione solo quando il medico trova degli elementi clinici particolari che suggeriscono questa possibilità, senza farne una una ricerca a tappeto.
Ulteriori dettagli potranno essere ottenuti rivolgendosi al suo medico di famiglia o ad un centro per la cura dell'ipertensione.
Dott. Mauro Maccario
Endocrinologia e Malattie del Metabolismo
Università di Torino
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