A cura della Commissione AME ETS Rapporto con le Associazioni dei Pazienti
Il 4 marzo ricorre la Giornata mondiale dell'obesità, istituita nel 2015 dalla World Obesity Federation con l’obiettivo di invertire la drammatica tendenza all’aumento dell’obesità a livello globale, sensibilizzare i cittadini e le istituzioni sul tema, incoraggiare la prevenzione e combattere discriminazioni, pregiudizi e l’utilizzo di un linguaggio colpevolizzante e stigmatizzante sulle persone con obesità. Quest’anno il tema della giornata è ‘Changing Perspectives: Let’s Talk About Obesity’, ad indicare il fatto che parlare, discutere e condividere sia l’unico modo per cambiare le dimensioni del problema e l’approccio che istituzioni, classe medica società hanno verso questa patologia. Tra le diverse iniziative dedicate quest’anno al tema, segnaliamo Obesity/From, un monologo di e con Donatella Liotta (con il sostegno dell’Associazione Amici Obesi) che si terrà in Spazio Tertulliano a Milano il 4 Marzo. È possibile visionare l’intero programma dell’evento sul sito https://www.amiciobesi.it/.
Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel mondo 1 miliardo di persone è affetto da obesità, ovvero 1 adulto su 6 e 1 bambino su 10, e l’incidenza è in netto aumento negli ultimi anni. Si tratta di numeri allarmanti dal punto di vista socio-sanitario, soprattutto se si considera che, se non adeguatamente trattata, l'obesità è gravata da complicanze importanti, quali malattie cardiovascolari, diabete e malattie metaboliche, malattie neurodegenerative e da diversi tipi di cancro. Pertanto, diventa necessaria un’azione sinergica e rapida da parte delle istituzioni e del sistema sanitario nazionale (SSN) in tema di prevenzione, gestione e trattamento dell’obesità.
Sebbene l'obesità sia stata riconosciuta come una malattia cronica dal Parlamento italiano, troppe sono ancora le criticità irrisolte, sia in tema di gestione e trattamento dell’obesità che in tema di prevenzione. Ne parliamo con Iris Zani, presidente dell’Associazione Amici Obesi, Milano.
I numeri relativi alla prevalenza dell’obesità in tutto il mondo, sono indicativi di una vera e propria emergenza clinica globale con cui bisogna fare i conti. Eppure, ad oggi, l’opinione pubblica fatica ad inquadrare l’obesità come una patologia cronica in cui giocano un ruolo determinante fattori biologici, genetici, ambientali e di salute psico-fisica. Come ritiene si possa combattere lo stigma sociale su questa condizione?
“I dati sono davvero preoccupanti e trovo davvero assurdo che ad oggi non si consideri l’obesità come una malattia a tutti gli effetti, ma piuttosto come una colpa ed una responsabilità della persona obesa. Sicuramente la giornata mondiale dell’obesità è un importante momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema. I numerosi eventi organizzati da istituzioni, società scientifiche ed associazioni come la nostra, servono proprio per arrivare alla collettività e smontare la retorica secondo cui l’eccesso ponderale non sia una patologia ma il risultato di una serie di atteggiamenti comportamentali ed alimentari sbagliati. In qualità di presidente di un’associazione impegnata nel campo dell’obesità, sono convinta che il riconoscimento della malattia possa essere di aiuto a cambiare lo stigma sociale che affligge il paziente.
L’aumento di abitudini alimentari scorrette e della sedentarietà non sta facendo altro che aumentare il tasso di obesità in età pediatrica. Cosa suggerisce di fare per invertire questa tendenza e lavorare sul tema della prevenzione sin da bambini?
Penso che occorra agire su più fronti. Innanzitutto, la prevenzione dell’obesità infantile dovrebbe partire dalle famiglie, che spesso non hanno una corretta educazione alimentare e, di conseguenza, non riescono a trasmetterla ai propri figli. Credo, insomma, che la famiglia abbia necessità di conoscere almeno le fondamenta di una alimentazione corretta. Nei primi anni di vita, il pediatra è sempre molto attento e di supporto ma, andando avanti, le famiglie sono abbandonate a se stesse e non hanno più alcuna figura di riferimento in questo ambito. Dall’altra parte, anche la scuola ha un compito fondamentale e potrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’avvicinare genitori e bambini ad una sana alimentazione e all’attività fisica.
Per noi medici sarebbe importante comprendere il punto di vista del paziente sui percorsi di cura esistenti per l’obesità e per le sue comorbilità. Quali pensa siano gli aspetti migliorabili?
Sinceramente sono molto contrariata dal fatto che in Italia - a differenza di altre nazioni europee- si parli di trattamento dell’obesità quando questa ha già delle complicanze e non ci si dedichi alla cura dell’obesità in sé. Questo è vero soprattutto se parliamo di obesità di basso grado non complicata (ndr: BMI tra 30 e 34 kg/m2), un contesto nel quale il trattamento dell’obesità può prevenire le comorbilità.
Infatti, sappiamo che l’obesità di grado moderato complicata da comorbilità (ndr: BMI tra 35 e 39 kg/m2) e quella di grado severo (ndr: BMI > 40 kg/m2) possono accedere alla chirurgia bariatrica e che tali procedure sono a carico del servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda, invece, le persone affette da un’obesità di basso grado e senza comorbilità la situazione è diversa: la chirurgia bariatica non trova indicazione in questi casi e non è rimborsata dal sistema sanitario; si tratta di persone costrette ad affrontare lunghi percorsi a proprie spese e per periodi molto lunghi. Sarebbe importante, a mio avviso, creare percorsi di cura accessibili da tutti i pazienti.
Una opzione terapeutica senza dubbio importante sono i farmaci per il trattamento medico dell’obesità, che hanno dimostrato un’ottima efficacia in termini di calo ponderale negli studi clinici. L’accesso a questi farmaci, però, è limitato dai costi elevati che sono a carico del paziente; questo non fa altro che ridurre la possibilità di utilizzare questi agenti farmacologici soprattutto alle persone in condizioni socio-economiche più svantaggiate. Pensa che si possa fare qualcosa per affrontare questo problema?
Questo è un tema scottante. I farmaci antiobesità attualmente disponibili, come detto, sono davvero efficaci e sarebbero di grande aiuto sia per la prevenzione che per la cura dell’obesità. Non sono un’economista e quindi non posso quantificare il costo reale a carico del servizio sanitario nazionale per far fronte a questa ipotetica spesa: far passare questi farmaci da fascia C (a completo carico del paziente) a fascia A (a completo carico del servizio sanitario) sicuramente determinerebbe un grande investimento in ambito sanitario e forse questo momento storico non sarebbe neanche fattibile, considerato che abbiamo dovuto affrontare di recente una pandemia. Credo, però, che nel bilancio finale bisognerebbe considerare il risparmio per il sistema sanitario derivato dalla riduzione delle comorbilità e delle complicanze.
Spero vivamente si possano aiutare concretamente i pazienti che vivono con obesità, attraverso il riconoscimento sociale e sanitario della malattia e attraverso l’inserimento a breve dell’obesità nel Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Sarebbe un grande passo in avanti per aiutare a combattere questa odiosissima malattia.
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